Crespi d’Adda, frazione di Capriate San Gervasio in provincia di Bergamo, sorge in un fascio di terra chiuso tra due fiumi: il fiume Brembo e l’Adda… quell’Adda dal quale Cristoforo Benigno Crespi (1833-1920) trae “l’energia” necessaria per realizzare il suo sogno: il sogno di un unico opificio per la lavorazione completa del cotone, un opificio che sarà il cuore pulsante dell’intero villaggio.
Bellissimo esempio di archeologia industriale, il villaggio è giunto a noi così come lo hanno lasciato i Crespi senza subire alcun processo di urbanizzazione e dal 1995 è stato riconosciuto patrimonio dell’UNESCO.
Crespi d’Adda: un po’ di storia
Cristoforo Benigno Crespi, originario di Busto Arsizio, nel 1877 acquistò 85 ettari di terra delimitati tra i due fiumi e iniziò a costruire il suo cotonificio. Il primo reparto ad essere inaugurato fu la filatura; successivamente furono costruiti alcuni palazzi per poter ospitare gli operai e le maestranze specializzate giunte da Busto.
Fondamentale fu il contributo di Silvio Benigno Crespi, suo primogenito che, dopo la laurea in giurisprudenza, intraprese alcuni viaggi in Francia, Germania e Inghilterra.
Dal 1886 affiancò il padre in questo progetto: fu proprio lui a convincerlo ad abbandonare la tipologia architettonica del “palazzotto” in favore di villette mono/bifamiliari, tutte uguali tra loro, rigorosamente allineate e ordinate, la cui caratteristica era ed è tutt’oggi la presenza del verde, all’epoca semplicemente ortaglia.
I Crespi, tuttavia, non volevano realizzare un semplice quartiere dormitorio, ma offrire il meglio ai propri operai, ragion per cui costruirono tutta una serie di edifici utili alla loro vita sociale tra cui la scuola, la chiesa, il dopolavoro e una cooperativa di consumo.
“L’epoca Crespi” si concluse nel 1930, anno in cui Silvio Benigno dovette cedere il villaggio alla Banca Commerciale italiana, con la quale si era fortemente indebitato.
Negli anni a seguire subentrarono altre proprietà finché, negli anni ’70, vi fu la privatizzazione delle case, fino ad allora concesse in affitto agli operai.
Nel 1995, con la fabbrica ancora in funzione, il villaggio divenne sito UNESCO. La tanto temuta chiusura definitiva avvenne nel 2003, un momento triste scandito dalle campane che il parroco del villaggio fece suonare a lutto: si era fermato il cuore del villaggio!
Dal 2013, con l’acquisto dell’opificio da parte di un un noto imprenditore bergamasco, la speranza di riaccendere quel “cuore” si è concretizzata.
Cosa vedere a Crespi d’Adda
Un luogo dove il tempo sembra essersi fermato.
Così, passeggiando tra le vie di Crespi, ci si immerge nella storia degli operai toccando con mano la loro fatica, ma anche la gratitudine verso il “signor padrone”.
Le casette degli operai, circondate oggi da meravigliosi giardini, tutte a pianta quadrata, in fila, ordinate, racchiudono storie di vita intensa.
A seguire si incontrano le villette dei capireparto e degli impiegati, anch’esse ordinate ma esteticamente più belle: con i loro balconcini e le decorazioni nel sottotetto ci permettono facilmente di intuire che qui viveva qualcuno che aveva proseguito negli studi, guadagnandosi una mansione di responsabilità all’interno dell’opificio.
Ed infine le meravigliose ville dei dirigenti che, così diverse tra loro, esplodono in tutta la ricchezza di materiali costruttivi e nelle differenti tipologie architettoniche.
La chiesa, copia fedele del santuario di Santa Maria in Piazza a Busto Arsizio, manifesta la volontà dei Crespi di mantenere un legame con la città d’origine.
La scuola e il teatro utilizzato come cinematografo. Una scuola privata dove tutto era pagato dai Crespi, compreso il materiale scolastico. Ai ragazzi si insegnava a leggere, a scrivere e a far di conto. Inoltre vi era una scuola di economia domestica, destinata alle ragazze, con corsi di cucina e taglio/cucito, tanto per citarne alcuni.
Un lavatoio con addirittura acqua calda che fu, inevitabilmente, un luogo di ritrovo per le donne del villaggio.
I bagni pubblici con una grande piscina, dove tutti dovevano recarsi almeno una volta alla settimana per lavarsi. Ricordiamo che all’epoca dei Crespi le casette non erano dotate di servizi igienici.
E altri importanti servizi come la cooperativa di consumo, il dopolavoro, un centro sportivo, la piccola ambulanza medico-chirurgica e, udite, udite, l’asilo nido.
Destano sempre grande curiosità le due case sopraelevate che vegliano dall’alto: la casa del curato e la casa del medico, due figure importanti in un villaggio addette l’uno alla cura delle anime, l’altro a quella dei corpi.
La villa padronale, un vero e proprio castello neo-medievale, costruita tra il 1893/94, che accoglie il visitatore come a ricordare che erano loro i “Signori di questo Feudo Industriale”.
La via principale termina al cimitero, come ad indicare che in un villaggio industriale l’intera vita si svolgeva qui, dalla culla alla tomba. Maestoso il mausoleo della famiglia Crespi: ai lati vi sono due mura che sembrano “abbracciare” le piccole croci tutte allineate, ovvero le tombe degli operai.
E come non citare i famosi cancelli rossi, opera di Alessandro Mazzucotelli, che aprono lo sguardo verso il cuore del villaggio, verso il cotonificio, laddove svetta in tutta la sua imponenza la ciminiera.
Ora non vi resta che raggiungere questo triangolo di terra e assaporarne la storia: se amate i colori, l’autunno è la stagione ideale! Passeggiare tra le sue vie al calar del sole renderà l’esperienza ancor più affascinante.
E se volete sentirvi meno soli … avrò il piacere di accompagnarvi.
Sara Cortinovis
Bergamasca di nascita, vivo in un piccolo paese con due castelli in provincia di Bergamo.
La passione per l’arte mi ha portato a conseguire la Maturità presso il Liceo Artistico Statale di Bergamo e, successivamente, una Laurea Magistrale in Storia dell’Arte all’Università degli Studi di Milano.
Bergamo e Milano, due città da sempre al centro della mia vita, due città dove ora si concentra gran parte del mio lavoro di guida turistica e punto di partenza verso altre meravigliose mete lombarde.